di Manuela Rossetti - Maurizio Guiducci
Pubblicato sulle News del SHCI

"Io sono il Lupo / la fame è mia compagna / la solitudine la mia sicurezza. / Io giaccio di notte / freddo è il mio letto / il vento la mia coperta. / Io sono il silenzio / un'ombra nella foresta / impronte lungo il fiume. / La mia corsa è un lungo inseguimento / di scintille di fuoco / dalla pietra focaia della notte. / Io sono ucciso / ma mai distrutto / io sono il Lupo."

(Benny Lee Cames)


Senza voler entrare nello specifico dell'origine della specie canina (ma ci torneremo), possiamo in ogni caso riferirci con certezza al Lupo come modello del selvatico da cui il cane ha avuto inizio. D'altro canto il fatto che osservazioni su cani inselvatichiti, cioè cani nati in libertà da randagi e che mai durante i primi giorni di vita hanno avuto contatti con l'uomo, mostrino comportamenti in gran parte sovrapponibili a quelli del lupo (Luigi Boitani) ci confortano in questa scelta. I comportamenti etologici del lupo, così, ci sono di profondo aiuto nel comprendere le abitudini del suo parente addomesticato, capirne il carattere e capire le attitudini che ogni sottospecie canina (razza) ha evoluto nel tempo e sotto la pressione selettiva umana

(in questo contesto ovviamente è il Siberian e la sua naturale predisposizione al traino ad interessarci). Ma, dato che quella cui ci troviamo di fronte è pur sempre una simbiosi di tipo mutualistico, potremo comprendere forse meglio anche gli atteggiamenti del primate uomo nei confronti del cane e cercar di capire come le due specie abbiano interagito fino ad arrivare a quella miriade di razze che oggi conosciamo ed all'evoluzione che il rapporto ha avuto nella nostra società in cui alla funzione primaria di ausiliario "sul campo" è stata sempre più sostituita una funzione di tipo "psicologico" legata all'aspetto culturale. Cosicché, per fare un esempio, i Siberian husky da duri lavoratori dei ghiacci sono anche divenuti compagni di giochi nei parchi cittadini e sonnacchiosi animali sui divani di casa. In ogni caso ogni loro eventuale utilizzo è ormai legato esclusivamente ad un aspetto ludico.

Proprio il ruolo che nell'immaginario collettivo riveste il lupo nella nostra civiltà, può essere la chiave di comprensione dell'attrazione che un cane come il Siberian ha, così come può farci capire il perché questo cane è spesso frainteso.

Da una parte la paura-attrazione del selvatico, dall'altra lo spirito del bosco delle società animiste non più compreso nella nostra società figlia della cultura agropastorale e del cattolicesimo dove l'aspetto bene-male è un'immagine in bianco e nero senza toni intermedi. Spesso ciò che attrae nel Siberian Husky è proprio la sua forte somiglianza con il selvatico (al di là delle mode degli occhi azzurri). Avere un lupo con l'animo del cucciolo; in fin dei conti è anche ciò che ha portato l'uomo qualcosa come 12-15mila anni fa ad "iniziare" la domesticazione del lupo, del cane. Ma qualche studioso già parla del lupo che ha addomesticato l'uomo...

Lo spirito del bosco non più compreso in una società che ha la presunzione di "dominare" la natura, ponendosene al di fuori, al di sopra, anche in quei casi in cui vorrebbe proteggerla. Noi stessi siamo parte della natura, ogni nostro atteggiamento appartiene all'interazione tra esseri viventi ed ambiente. Se il nostro agire-interagire nell'ecosistema sarà infine non vincente sul piano evolutivo, semplicemente...spariremo. "Il futuro dell'uomo è a una drammatica stretta / ho visto un panda con la mia faccia sulla sua maglietta" recita Stefano Benni in un ironico scambio delle parti. Uno spirito del bosco non più compreso, dicevamo, anche perché troppo antropomorfizzato. Così spesso non riusciamo a farci comprendere, a comprendere il cane, razze come il Siberian in particolare. Alle volte è una contrapposizione frontale. Così il Siberian Husky è un cane che scappa, che semina disastri, è stupido (!) e chi più ne ha ne metta. Noi siamo fermamente convinti che il comportamento deviante di un cane sia esclusivamente da attribuirsi ad un nostro errore, ad una nostra incomprensione dell'animale; in due parole alla nostra incapacità di essere validi capobranco. L'aspetto è interessante ma qui ci fermiamo perché altro è il tema che ci prefiggiamo in questo scritto.

Ed il lupo addomesticò l'uomo, tanto per fare il verso ad un piccolo testo del padre della scienza etologica, Konrad Lorenz "E l'uomo incontrò il cane", pur se ormai datato nel tempo. Quella tra le due specie all'inizio (ma nei confronti del selvatico così è rimasta, soprattutto coll'avvento della pastorizia) era una feroce competizione con l'uomo acerrimo nemico del lupo. Entrambi abili cacciatori, fortemente imbrancati e con forte spirito gregario, sullo stesso territorio. Ma il linguaggio dei cuccioli di mammifero spesso supera le barriere di specie. Così probabilmente un cacciatore un giorno... Ma la storia forse la conosciamo già tutti. I cuccioli di lupo crebbero e le cose si sarebbero potute fermar lì se il...cane grazie al meccanismo dell'imprinting non avesse riconosciuto anche l'uomo come suo...conspecifico! E poi lo spirito gregario, la capacità del cane d'inserirsi nel branco degli uomini, le regole ed i linguaggi in fondo molto simili (e tutto ciò è anche quello che del Siberian fa un ottimo cane da slitta). E così il lupo addomesticò il suo più feroce nemico e si fece cane. In realtà quella tra i due è una perfetta simbiosi, perché se il cane non fu più cacciato dal suo acerrimo rivale ed, anzi, trovò riparo presso il suo accampamento, l'uomo da quest'animale imparò ad avere svariati "servigi". Ripercorrendo a velocità pazzesca e molto (forse eccessivamente!) in maniera schematica l'evoluzione di questo rapporto, l'uomo, partendo dagli istinti innati del selvatico, quali la forte territorialità, l'abilità di cacciatore, lo spirito gregario, ebbe un guardiano, un ausiliario nella caccia, un cane conduttore di greggi ed una... macchina per far correre slitte. In realtà nel parlare delle compatibilità, di quello che è definito "preadattamento" (Danilo Mainardi), che consentirono l'instaurarsi di un così profondo rapporto abbiamo tralasciato forse uno degli elementi più importanti. I primati, tra i quali l'uomo, ed il lupo mantengono un forte aspetto ludico anche in fase adulta. E se nell'uomo questa peculiarità è viatico e necessità ad una sempre continua esplorazione (e conoscenza), nel lupo serve per tenere coeso ed in equilibrio un branco con così forti caratteri di gerarchia, alle volte molto complessa, senza dover ricorrere a continui scontri (ma forse in parte è così anche per l'uomo).

L'aspetto del gioco che tanto ha avvicinato il cane all'uomo; l'azione apparentemente fine a se stessa. Attraverso il gioco molto probabilmente l'uomo ha scoperto molte qualità nascoste nel selvatico che poi ha affinato, selezionato adattando quest'animale a se stesso; ed attraverso il gioco il cane ha adattato l'uomo. Non a caso il maggior numero di tecniche d'addestramento passa attraverso l'aspetto giocoso. Il lupo è rimasto un po' cucciolo ed è diventato cane. L'uomo nella sua selezione, pur se primordiale, ha spinto in maniera tale da ottenere un animale con tratti infantili, quelle stesse caratteristiche che tanto lo intenerivano. Ed in più un animale eterno cucciolone è una bestia più facilmente gestibile. Il cane, d'altro canto, ha così "soggiogato" lo spirito umano da ritagliarsi uno spazio ben sicuro. Così, anche ora che ha perso gran parte della sua funzione pratica originaria, continua ad accompagnarsi a questo strano primate pur con le incomprensioni spesso esistenti e prima menzionate. Ma l'uomo forse sta fuggendo la sua stessa natura e questa è un'altra storia.

Cane da guardia, da caccia, da pastore, cane da slitta. Se per i primi tipi di utilizzo è facile trovare la forza motrice nell'istinto del selvatico (ahinoi anche nei cani da combattimento), più ardua è la comprensione del motore iniziale che portò all'utilizzo del cane per il traino. Certamente il forte senso gerarchico e gregario, la collaborazione stretta nel branco, nella muta (e con ciò intendiamo qualcosa allargato anche all'uomo-musher) ha giocato un ruolo importantissimo. Ogni conduttore di slitte potrà confermarcelo. Ma non basta. E qui nuovamente forse proprio l'aspetto del gioco, in apparenza inutile, potrebbe essere stato l'input. L'uomo gioca, apparentemente "tanto per giocare", ed il cane altro gran giocatore, sta al gioco. Un rudimentale finimento legato all'animale, forse per far divertire un bambino, forse per divertirsi vedendo la bestia trascinare correndo, e facendo un gran fracasso, un pezzo di legno per tutto l'accampamento. Poi l'idea ed il cane che sta al gioco. La cosa probabilmente si è ripetuta in tempi e luoghi diversi su razze territoriali e con uomini lontani tra loro. L'uomo, il cane i finimenti ed un gioco che diventa utilizzo, che si affina; uomo e cane che intraprendono, ancora insieme, questa nuova strada. Il Siberian Husky è ancora oggi un gran giocatore, un animale con un forte senso del branco e della cooperazione ed un'infaticabile "macchina" con un grosso desiderio di tirare (o così dovrebbe!). Le razze che l'uomo ha selezionato in funzione del traino sono varie; il Siberian ha caratteristiche peculiari. La sua territorialità è rimasta solo in funzione dei conspecifici e avvertimento rumoroso nei confronti di estranei umani. Mai è stata "spinta" verso la difesa attiva del territorio e dell'accampamento. Il suo era un popolo seminomade senza forti tensioni territoriali intraspecifiche. E la muta era usata dal cacciatore di turno; il Siberian Husky è così amichevole con tutti. Di contro la situazione primitiva umana in cui la razza è stata selezionata ha fatto si che la selezione di tipo ovviamente non moderno (in zootecnia) mantenesse inalterati parecchi atteggiamenti propri della specie selvatica. La gran capacità di cacciatore di branco che il nostro Siberian Husky ancora ha e che in parte lo distingue dalle altre razze canine, creando non pochi problemi alla sua immagine (ma anche fascino), ne è una chiara dimostrazione. E se il Siberian Husky ha in comune con tutti gli altri cani e col selvatico quei linguaggi manifestati attraverso la mimica (movimenti della coda, delle orecchie, il mostrare i denti ecc.), alcune caratteristiche di quest'ultimo sono state dall'uomo selezionate maggiormente per il fine cui il cane era destinato (così come per ogni razza d'altro canto). La forte gerarchia di branco, lo ripetiamo, è quindi in funzione del traino; lo spirito gregario indirizzato verso una "naturale" accettazione del capobranco umano il viatico ad un cane funzionale in questo senso. Ma una caratteristica del selvatico, forse più di tutte, è fortemente presente nel nostro Siberian: l'essere un grande risparmiatore d'energie. Capacità indispensabile per il territorio e per la funzione cui il cane era destinato. Quando un branco di lupi, in fila indiana sulla neve, piega in una direzione dietro chi conduce la marcia, chi segue taglia la curva con un arco (e chi organizza gare di sleddog ben sa quanto questa caratteristica sia presente nei cani da slitta, e nel Siberian forse più di tutti, quando traccia il percorso), il tutto nella necessità primaria del consumo minimo possibile d'energia. D'altro canto, anche nella scelta delle specie di un determinato territorio adatte ad essere predate, il lupo opera la scelta nei confronti di quella che richiede minore spesa energetica nella caccia (Luigi Boitani). Che il Siberian Husky sia un risparmiatore, pronto a tenere quella marcia in più per la situazione imprevista (che sempre era in agguato nel territorio e nell'utilizzo cui il cane era soggetto), può confermarlo chiunque con questi cani abbia mai corso, anche noi che lo facciamo per solo gioco.

Nello standard di razza il carattere di questo cane è tracciato con poche parole; stringate ma efficaci. Se cerchiamo tra le righe troveremo le caratteristiche che di questo cane hanno fatto una meravigliosa macchina da traino partendo dagli istinti ancestrali del selvatico.

Ed anche ora che il cane è soprattutto un compagno di giochi, magari in una corsa di sleddog, le sue caratteristiche restano evidenti così come il suo rapporto (se correttamente interpretato dall'uomo) con questo strano e contraddittorio primate. Ancora il gioco, ed il cerchio si chiude. In fin dei conti anche noi stiamo "giocando" scrivendo questo articolo. Il gioco, ed il rapporto col nostro Siberian potrebbe essere forse l'occasione per comprendere ciò che abbiamo dimenticato lungo la via dell'evoluzione.

Oggi vi proponiamo...

  • Una regola? Non l'infrango ma l'aggiro

    ...ovvero: Siberian Husky In termini generali, e non parlando solo di cani, una regola si rispetta, o si infrange, oppure si aggira. La prima cosa può significare condividere la regola o temere una punizione alla sua infrazione. La seconda il non aver capito la regola, o se, avendola capita, decidere di non rispettarla (o rifiutare di rispettare qualsiasi regola) andando incontro alle conseguenze della sua infrazione. La terza è la via più complessa logicamente che cerca una terza soluzione che consenta di non infrangere la regola ma comunque di arrivare a ciò che quella regola, nelle intenzioni di chi l'ha fissata, voleva impedire.

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