di Manuela Rossetti e Maurizio Guiducci

ANCORA IL SIBERIAN HUSKY

Tornare di nuovo a cercar di "raccontare" un cane, il Siberian Husky, tanto conosciuto presso il grosso pubblico, spesso addirittura "mitizzato"; sovente dis-conosciuto e quindi purtroppo molto incompreso. L'occasione quella di una delle tante uscite invernali che organizziamo, in un inverno, quello appena passato, strano per i suoi capricci climatici e per la poca neve qui da noi in Italia Centrale. Uscite con cani, slitte ed in quest'occasione racchette da neve messeci a disposizione per un test da una nota ditta del settore.

Lontani dalle esigenze di risultato, dalle esasperazioni dello sport agonistico e dell'alloro espositivo. Compagni di quest'animale "da lavoro, di media taglia, dall'aspetto generale agile e dal movimento sciolto ed elegante". Un cane che nella sua sintesi racchiude la massima espressione nel concetto di moderazione: giusto equilibrio tra forza ed agilità, resistenza e potenza, tra equilibrio caratteriale ed indipendenza ed in definitiva tra estetica e lavoro. Ed in questo ci permettiamo di dissentire da chi, sia allevatore sia sportivo, dichiara imprescindibile la dicotomia tra cane "bello" e "bravo" confondendo l'attinenza allo Standard e la funzionalità nel lavoro (anche translato su di un piano sportivo) col concetto di cane "vincente". Così "bravo" è il cane da record in pista e "bello" quello da Best In Show! Alla faccia dell'equilibrio che, tanto tra le righe dello Standard che nell'osservazione quotidiana di questo cane, traspare prepotentemente. Continuiamo a ritenere che compito di un allevatore sia primariamente quello di ottenere cani omogenei, riferiti al proprio Standard che in questo ne concepisce anche carattere e lavoro, e direttamente utilizzo nel lavoro. La media non è vincente quando in mano si hanno cronometri e giudizi (non si neghi) viziati soprattutto da quella che è definita "presenza di ring". Quindi bello e bravo dovrebbero coincidere, perché "bello e bravo" non vuol dire necessariamente "vincente", e se è pur vero che essendo gli organismi biologici (fortunatamente) portati ad incrementare il più possibile le differenze col risultato di ottenere comunque cani che possono tendere verso uno degli estremi, la ricerca dell'equilibrio resta a nostro avviso primaria. La "bellezza" è funzionale. Forse da parte degli "addetti ai lavori" si dovrebbe porre più attenzione (e discussione costruttiva). Non ci dilunghiamo ulteriormente su di un argomento che spesso vede dispute su sfumature quantitative, quasi ossessive (perché no i P1, o primi premolari e la loro eventuale mancanza, o più propriamente agenesia) ed il tutto con affermazioni "estemporanee" non suffragate ne' da metodo scientifico ne' da corretta acquisizione di dati statistici. In questa chiave è possibile affermare tutto ed il contrario del tutto. Osiamo dirlo? Siamo spesso a concetti prelamarchiani ed assolutamente "fissisti" (Lamarck - 1815 - fu il primo studioso ad intuire che il mondo biologico non è fisso ma in dinamica variazione (ed in ciò fu geniale), pur con tutte le grandi ingenuità che ci appaiono vedendolo con gli occhi d'oggi). Torniamo quindi a questo cane che tanto amiamo ed al suo aspetto caratteriale e di rapporto - simbiosi col suo compagno umano; in definitiva è l'aspetto preminente che vogliamo toccare in questo scritto.

QUALCHE WORK DOGS FA…

Parlammo, "qualche Work Dogs fa" di come con quest'animale, anche uno solo, sia possibile intraprendere un'attività sportiva, agonistica e non, in estate praticando il dogtrekking. Vediamo come, compagni di uno o più Siberian Husky sia possibile dividere le fatiche con questo splendido compagno in inverno. Di come attraverso la fatica potremo capire meglio quest'animale e da questo farci comprendere. Cane per medie, lunghe distanze, spesso snaturato nel suo utilizzo in gara come cane da sprint, da percorrere a velocità moderate; con medie orarie comunque anche di 20-25 chilometri e punte (su brevi distanze od alla partenza) anche superiori ai 30 (il tutto ovviamente in funzione del tracciato e della qualità della neve). Animale instancabile e capace nella sua indipendenza di mantenere in serbo energie di riserva. "Cresciuto" col popolo seminomade dei Ciukci, cacciatori e pescatori, in condizioni di esistenza artiche e quindi estreme; con questo prima (e soprattutto), e con i cercatori d'oro alaskani poi ha costruito quel castello di sopravvivenza che ne denota ancora il suo carattere. Affettuoso ma capace di cambiare il proprio capobranco umano senza troppi traumi, leale ma abbastanza indipendente da prendere decisioni autonome (e ricordiamoci se un Siberian lo fa ci sarà sempre un motivo), bisognoso di un capobranco umano coerente e in cui lui possa riporre la massima fiducia. Un uomo che gli offra un compito. Ed in questa chiave capiamo il perché con un Siberian Husky non si può mai star fermi, come con questo cane sia giusto dividere molto del proprio tempo e delle proprie attività. Di come questo rapporto, non esistendo più le esigenze di "caccia e pesca e sopravvivenza immediata" sia diventato un rapporto tra due giocatori, curiosi, esseri bisognosi di esplorare nuove esperienze fuori delle grigie routines quotidiane. Se non siamo (NOI) adatti al suo carattere, rinunciamo a farci compagni di un Siberian e non cediamo alle lusinghe dell'estetica o all'onda lunga di un'ancora non troppo passata moda!

LA GIOIA DEL TRAINO

Due tobogan (slitte a fondo piatto), una quindicina di cani, una manciata di uomini e racchette da neve. Neve purtroppo sfatta e tanta fatica in più per uomini e cani e grande zuppata. Il posto è un bosco poco sopra Campo Felice (L'Aquila), un tracciato di sci escursionismo, con le persone incontrate sui loro sci cordiali e curiose, un posto facilmente raggiungibile come ce ne sono tanti per tutta la penisola (ed è facilissimo trovare nei negozi specializzati in articoli da montagna delle mappe dettagliate). Un percorso di una quindicina di chilometri, ma nessuno ci obbliga a variare le percorrenze, i tempi e le soste. Poniamo attenzione a che i nostri cani non sporchino e se lo fanno puliamo, è la prima forma di rispetto da tenere a mente. Ed a proposito di rispetto, ci viene in mente come molta gente, anche in perfetta buona fede, veda al "cane che traina" come ad una coercizione e violenza nei confronti dell'animale. E qualcuno esprime alle volte la sua idea con modi un po' vivaci, c'è capitato. Quest'animale è cresciuto accanto al suo uomo (che ha anche condizionato culturalmente) dando e ricevendo vantaggi, rischiandoci la vita insieme, dividendo la fatica per una battuta di pesca o di caccia il cui risultato era sopravvivere. E' cresciuto cane da slitta ed ora lo dimostra ogni volta che è imbragato, ogni volta che vede i suoi finimenti e guaendo e ululando chiede la partenza. Possiamo solo dire: venite a vederlo, venite a "parlare" con lui (e poi magari con noi); probabilmente capirete che ciò che fa lo gratifica più di un salotto o di una passeggiata nel parco (che se correttamente gestite possono anche bastargli, per carità). Ma i suoi occhi di fronte ad una linea da traino e le sue zampe frenetiche, spasmodiche nell'attesa possono lasciare solo pochi dubbi.

UNO SPORT ALLA PORTATA DI TUTTI

Lo sleddog probabilmente lo conosciamo tutti, bisogna forse viverlo sulla propria pelle per capirlo; col leader che risponde ai comandi, che si gira a guardarti quando fai (perché chi sbaglia spesso sei tu) qualcosa che non comprende. E poi gli occhi alle linee di traino, i singoli cani che rispondono al richiamo loro indirizzato. Ed il piacere di dividere la tua corsa con loro, perché anche tu corri nelle salite e pedali nei piani, e dividi fatica e schizzi di neve ed insieme ai tuoi Siberian respiri. In queste uscite con i tobogan spesso qualcuno sale ospite della slitta ed è forse un primo approccio ad una muta "vera". Una soggettiva, un primo incontro. I più sicuri magari proveranno colla muta ridotta a tre cani e con tanta prudenza; non esageriamo comunque ché lo sleddog (almeno per quel che riguarda portare la slitta) non è poi così difficile. Ma la nostra attenzione maggiore è rivolta all'uscita con i cani e le racchette da neve. Escursioni alla portata di tutti, variante invernale del dogtrekking estivo, senz'altro più "pesante" ma con la gratificazione di essere con i propri nordici in mezzo alla neve. I tracciati, come abbiamo detto, è facile trovarli e basta uscire anche col solo nostro cane "di casa". Una cintura da dogtrekking (od una da roccia) alla nostra vita, un cordino collegato ad essa da un moschettone da montagna e terminante con un moschettone a girella (tipo quello dei guinzagli) in ottone. Con questo attaccheremo l'imbragatura da sleddog che avrà indossato il nostro compagno. L'unione è completa e con le racchette da neve ai piedi potremo iniziare una nuova avventura. Se il cane conosce qualcosa dei comandi da sleddog che magari avrà imparato durante le nostre uscite estive in montagna, avremo pochi problemi; altrimenti dovremo perdere un po' di tempo per fargli capire di tenere il sentiero e forse faremo qualche ruzzolone nella neve. Ciò che noteremo è la gran voglia istintuale al tirare, ed ancora, la grande gioia nel lavorare con noi. Ricordiamo la prudenza che in montagna (comunque) e d'inverno non è mai troppa. Andiamo se possibile in compagnia e lasciamo detto il nostro tragitto previsto. Alla fine, stanchi, noi ed il cane, impareremo forse qualcosa in più uno dell'altro ed il Siberian ci vedrà forse più "vicini" e capobranco da seguire con maggior fiducia. Noi, forse, getteremo dietro le spalle qualche falsa convinzione.
Nella gita a Campo Felice un ultimo gradito incontro: cani allo stake out un po' innervositi ed uno sciatore che esce da una curva trainato dai suoi due Siberian Husky. Non siamo poi tanto soli, perché non provarci di più? Forse se ci siamo fatti compagni di un Siberiano era proprio ciò che cercavamo! In fin dei conti, come dichiara lo Standard "la sua intelligenza, docilità e disponibilità fanno di lui un compagno amabile ed un lavoratore generoso".