di Stefano Benni
Deodato, lo sfigato della compagnia, racconta il morso ricevuto dal cane più buono del mondo.
...Su questo braccio vedete la cicatrice del morso di un cane. Questo cane, di nome Benigno, era il cane più mite del quartiere. In dodici anni di pacifica esistenza mai, neppure provocato o torturato dai monelli del quartiere, aveva emesso più di un ringhietto di protesta. Ma quella mattina nevicava e io indossavo guanti gialli e blu.
Vidi Benigno venirmi incontro scodinzolando nella neve, e come spesso facevo, lo carezzai. Il suo muso si trasformò in quello di una tigre, e mi azzannò. Solo dopo una seduta di cinoipnosi tenuta dal dottor Walmer, ex-psicanalista ora veterinario del quartiere, Benigno rivelò il motivo del suo raptus. All'età di giorni venti era stato chiuso in un sacco e buttato nel fiume insieme ai suoi sette fratellini. Il sacco si era rotto e il solo Benigno si era salvato. Ebbene il malvagio affogatore era un uomo che portava guanti di lana gialli e blu! Così rivedendo i miei del tutto uguali, Benigno rivisse nel suo peloso inconscio il trauma infantile e si vendicò. Mi trascinò per venti metri, prima che mi liberassero...