di Carla Capponi
Dal libro di memorie partigiane di Carla Capponi: maggio - giugno 1944, nel tentativo di raggiungere il fronte in avanzata da Cassino, Carla Capponi viene catturata dai tedeschi a Labico, vicino Palestrina e fatta salire su di un camion. Ed ovviamente c'è un cane...
Stavo così seduta, quando vidi comparire sulla piazza un cane: aveva l'aria sperduta, ma appena mi vide corse verso il camion. Allora, pensando di far bene, lo chiamai, "cane, cane" sperando di far credere che avevo riconosciuto un cane a me familiare, quasi avessi ritrovato qualcosa che apparteneva ai miei nonni. L'animale ora saltellava felice sotto il camion e io cercavo di carezzarlo protendendo le braccia. L'ufficiale doveva aver seguito la scena perché venne verso di noi sorridendo, chiedendo a gesti se il cane fosse mio.
Risposi con tono sicuro che era dei miei nonni e sperai che mi lasciasse andare con lui, ma non ci fu verso; fece cenno agli autisti che stavano a terra di salire e partire. Parlò a lungo con loro: intanto, mi guardavano furtivamente e capivo che stavano parlando di me, forse della mia sorte.
Chiesi all'ufficiale, gesticolando, se potevo far salire il cane sul camion ma l'ufficiale mi voltò le spalle e se ne andò senza neppure rispondere. Avevano acceso i motori e finalmente il camion si mosse: forse andavano fino a Roma e mi avrebbero lasciato per strada? Oppure mi avrebbero ucciso fuori dall'abitato? Ognuna di quelle domande mi faceva rabbrividire perché tutto era possibile. Il cane correva dietro di noi, seguendomi anche perché ero rimasta appoggiata alla sponda e lo invitavo a non lasciarmi. Ogni tanto si arrestava di botto in mezzo alla strada, quasi a sollecitarmi di scendere da lui: capivo che era stanco, che non ce la faceva a seguire il camion; poi, a un tratto, quando eravamo già in vista di Palestrina, si fermò a lato della strada. Lo salutai con la mano e non si mosse, non riprese a correre, restò lì seduto come se avesse capito che non poteva più avermi per sé. Provai di nuovo solitudine e paura perché quel povero animale, senza che me ne rendessi conto, aveva avuto la capacità di restituirmi il senso di un rapporto "umano", mi aveva dato il coraggio e la forza di continuare. Ora, senza di lui, mi sentivo di nuovo perduta...