Lupo appenninico

Si parla molto ultimamente di lupo, di rischi per l'allevamento da reddito e, addirittura, per l'uomo, sull'onda dell'aumentata presenza di questo selvatico. Molte le chiacchiere, molte le cavalcate politiche (quelle colla "p" minuscola) molte le favole (il lupo evidentemente si presta). E s'invocano sempre più gli abbattimenti per ridurne la pressione. Il problema è più che complesso. Soprattutto crediamo sia un problema politico, nel senso reale del termine, quindi alto (qui la "P" invece è decisamente maiuscola). Insomma riguarda scelte di sviluppo e visioni più o meno antropocentriche.


Diciamo intanto che il lupo in Italia si è notevolmente riespanso, sì grazie ad una politica conservazionista ma anche per le sue caratteristiche di diffusione nell'ambiente. Parliamo della "dispersione" che è un fenomeno che fa si che gl'individui giovani partano dal vecchio branco per andarne a fondare altri a distanze anche molto considerevoli (centinaia e centinaia di chilometri). Questo ad esempio non è successo coll'orso, che non ha detta caratteristica ma ha usufruito anch'esso di politiche di tutela. Ed è questa grande capacità di dispersione che ha consentito, una volta entrato in tutela, la riespansione del lupo e, soprattutto, la sua diffusione sul territorio, tornando a ricolonizzare aree da cui era assente da moltissimo tempo. E qui cade la prima favoletta, quella delle reintroduzioni che ormai gira con noiosa frequenza. Perché se è vero che il lupo si è nuovamente diffuso grazie a questa sua caratteristica, è altresì vero che la cultura del territorio di questo selvatico impedisce la reintroduzione di animali da altre aree geografiche con diversa conformazione, prede e presenza antropica. Il lupo impara! Citiamo da una nostra vecchia intervista col prof. Luigi Boitani, noto anche al gran pubblico e studioso del lupo "(...) i piccoli imparano tantissimo dalla madre; come comportarsi con le strade, con le case, con le persone oltre che con le prede. Questa già venti anni fa la utilizzavo come battuta: se io dovessi reintrodurre un lupo in Italia dalla Siberia, con le strade, le macchine, sarebbe incapace di qualsiasi adattamento, avendo una cultura di territorio, appresa con la madre, completamente diversa. Ed è il motivo per cui è impossibile introdurre lupi da altre zone  geografiche (...)".
Il lupo in Italia vive a strettissimo contatto cogli ambienti antropici e ci si muove con disinvoltura. E' un forte predatore ma, come tutti i selvatici, cerca di ottenere il risultato col minimo sforzo. Questo avviene nella scelta delle prede e, pur se, conseguenza del comportamento degli animali domestici che sbandano caoticamente, può avvenire, ma raramente, anche un'uccisione multipla, è pacifico che se il lupo caccia le pecore è perché evidentemente quelle pecore sono una preda facile; e non è un punto di poca importanza! (ma manco un po') Ricordiamo anche che gli atti predatori (anche su pecore) hanno successo percentuale molto basso. Quindi in una situazione di equilibrio e di gestione adeguata del bestiame, si potrebbe arrivare ad una pecora una tantum il che non sarebbe certo un problema. Ci torniamo a brevissimo, perché secondo noi questo è il nodo centrale, ma vogliamo prima dire una cosa sui cani (dove forse ci muoviamo meglio ;-) ). La presenza di inselvatichiti, molto meno, e di randagi, molto di più, crea problematiche notevoli. Il cane, soprattutto il vagante in tutte le sue accezioni, se assale un gregge fa la strage, non ha paura dell'uomo e non mette in atto quegli atteggiamenti elusivi propri del selvatico (e dell'brido) ed anche dell'inselvatichito di seconda+ generazione, che consentono alla sola presenza umana di fare da deterrente. In più, è vero che il lupo preda il cane ma, visti i numeri in campo, la presenza di folti branchi di randagi può tranquillamente essere competitiva nei confronti del selvatico per l'occupazione del territorio. In aggiunta, anche se ciò non c'interessa in questo contesto, la presenza di randagi ed inselvatichiti finisce, per ibridazione, con il "dissanguare" il patrimonio genetico del lupo rischiando di fargli perdere le sue peculiarità. Quindi sì, spessissimo i cani vaganti fanno più danni, soprattutto i padronali lasciati vagare ed i randagi. Ora, lasciando perdere (ma purtroppo sono queste a fare tendenza e dettare gl'interventi mediatici che sovrastimano il fenomeno) le posizioni prese dal politico di turno per racimolare qualche voto da una qualche categoria o l'interesse delle lobby della caccia, neanche troppo mascherate, è il modello di sviluppo e la visione del mondo che abbiamo ad essere focale. L'allevamento in Italia si è sviluppato in ottica di mercato ed in assenza del lupo, il suo ritorno richiederebbe un adeguamento (necessario ma anche dovuto). Adeguamento non complesso i cui costi sociali (non parliamo semplicemente di quelli economici!) sarebbero probabilmente inferiori a quelli di un ridimensionamento della popolazione del selvatico che ricalcherebbe oltremodo una visione tolemaica del mondo (che purtroppo è quella vincente sul breve termine e sarà la nostra tragedia sul lungo). Studi già condotti in USA parecchi anni fa, sulle predazioni dei puma su bestiame allo stato brado usando come deterrente il nostro maremmano/abruzzese hanno dato risultati notevoli. Analoghi studi sono stati condotti guardando al lupo, qui da noi, non li abbiamo sottomano ma erano egualmente indicativi. Ovviamente esiste un rapporto densità pecore/numero cani che va rispettato. Questo è solo un esempio e non entriamo nei dettagli di tutti i possibili mezzi di "protezione" e di gestione del bestiame, e neanche ne abbiamo lo spessore, però diciamo che adeguando le tecniche di allevamento è possibile arrivare ad una pacifica convivenza (e non sono nostre deduzioni). Si vuole questo? O si vuol guardare ad un mercato feroce (quello sì)? (Allora dovremmo limitare e sterminare tutto ciò che riteniamo dannoso - ed i prezzi li conosciamo bene visto che abbiamo direttamente sotto gli occhi quello che sta succedendo alle api - la nostra principale attività - in conseguenza di un'agricoltura selvaggia). Il non dare qualcosa per averne, soprattutto sui lunghi termini, altre? La convivenza tra lupo ed allevatori è possibile senza ridimensionare la popolazione del selvatico che per altro è autolimitante (come in ogni sistema biologico), senza sconvolgere la vita degli allevatori; cedendo qualcosa un po' tutti in nome di un bene comune.
Ultima piccola sottolineatura: il lupo non è pericoloso per l'uomo visto il suo comportamento fortemente elusivo, ma forse non dovremmo neanche dirlo. Così non sempre è con i cani vaganti.
Chiudiamo con una citazione, perché poi forse non è l'ambiente quello che dovrà essere "protetto": "il futuro dell'uomo è a una drammatica stretta / ho visto un panda con la mia faccia sulla sua maglietta" (Stefano Benni). Perché in realtà a doverci parare il culo (ci si consenta il francesismo) siamo noi con le nostre scelte, se ci riusciamo...