di Sir Ernest Shackleton
dal diario della spedizione in Antartide dell'Endurance
Crean aveva iniziato a portare i cuccioli sulla banchisa per farli correre un po', ed era uno spasso vederli trotterellare faticosamente mentre cercavano invano di procedere accanto alla slitta; di tanto in tanto lanciavano un'occhiata implorante di traverso, nella speranza di essere presi a bordo. Oltre a Crean, i cuccioli avevano eletto come padre adottivo Amundsen, che tiranneggiavano senza alcuna pietà.
Il poveretto, che era il cane più grosso del branco, si vedeva spesso seduto al freddo e al gelo, con aria di filosofica rassegnazione, mentre un cucciolo corpulento ingombrava l'entrata del suo dogloo. L'intruso era in genere Nelson, di cui spuntavano solo il musetto e le zampe anteriori; ma si poteva star certi che Nelly, Roger e Toby se ne stavano comodamente acciambellati dietro di lui. All'ora del pastone Crean doveva stare di guardia accanto al cibo di Amundsen; altrimenti i cuccioli avrebbero sbranato la razione del grosso animale, che per correttezza si sarebbe fatto da parte. A volte, però, dovevano sentire un rimorso di coscienza e si facevano perdonare trascinando fino alla cuccia di Amundsen una testa di foca, mezzo pinguino o un trancio di carne o grasso congelati. Era interessante guardare l'enorme bestia mentre giocava con i cuccioli, e li afferrava per la gola o per il collo con apparente ferocia, ma in realtà con estrema delicatezza; e non smetteva mai di insegnare loro come stare al mondo, e come usare, dietro il suo esempio, i trucchi della vita canina.